Ha trascorso le vacanze in una colonia penale sarda. Tornato al lavoro, pensa già ai prossimi impegni: aprire carceri e chiudere i tribunali dei minorenni. Il meno popolare dei guardasigilli anticipa a "Panorama" come si prepara a una nuova stagione. Di polemiche

Chi l'avrebbe mai detto che l'ingegnere acustico Castelli Roberto, oggi ministro della Giustizia, lavorasse nell'ufficio solenne di via Arenula in maniche di camicia a rombetti? E chi l'avrebbe mai detto che, invece che a un ministro giustiziere e severo, Castelli assomigliasse di più al ranger del parco di Topolino?
La verità è che Roberto Castelli è una sorpresa. Rimane leghista. Inoltre è un signore cordiale, perfino ragionevole. Da cavaliere si siede per l'intervista al tavolo degli ospiti lasciando l'austera scrivania. Anche se l'affresco della giustizia lo sorveglia dall'alto un po' minaccioso. Da quando è guardasigilli, per il ministro il tempo della pace è evaporato. "Castelli di rabbia" lo chiama qualcuno, alludendo alle mille bombe provocate da polemiche, mancate grazie, guerre politiche e giudiziarie, mozioni di sfiducia, ritiri di rogatorie, rivoluzioni di carceri e di tribunali dei minori di cui il pugnace ministro è stato protagonista negli ultimi tempi. Ma a quanto pare il combattente Castelli non ha intenzione di lasciarsi fiaccare. Per questo anche il tempo della sua vacanza è stato breve.
Il ministro ha passato qualche giorno in Sardegna, nella colonia penale di Is Arenas (Oristano). Questa sua scelta non è stata gradita: "Per i soliti calunniatori della sinistra ho fatto ancora le vacanze gratis" dice, non poco piccato. "Così ho fatto vedere l'assegno che ho pagato per la pensione. E rispondo anche che la mia Sardegna, al contrario della Costa Smeralda di molti diessini, costa allo Stato cinque uomini di scorta in meno. Inoltre, mi fa conoscere un carcere. Mi risulta invece che il mio predecessore Piero Fassino e l'ex guardasigilli sardo Oliviero Diliberto, che passano regolarmente le vacanze nel vicino e molto di moda hotel Piscinas, non abbiano messo in quella colonia nemmeno un piede.

Del resto, ministro, lei non ha fatto scelte così incolori e popolari. Come ingegnere acustico deve aver trovato l'antidoto contro tutto quel rumore intorno a lei...
Accetto e combatto le bugie politiche. Non tollero calunnie sulla mia vita privata. Davanti a quelle, restituisco pan per focaccia.
Castelli, perdoni: che effetto fa essere il ministro più odiato degli ultimi trent'anni?
Non è divertente. Io l'odio lo leggo sulle facce dei colleghi di sinistra in Parlamento, e anche sulle pagine di certi giornali. Comunque, meglio odiato che membro del club dei burattini all'italiana. Può piacere o no ma io sono uomo della Lega Nord. Ho preso voti facendo alcune promesse ai miei elettori, non posso vanificarle adesso facendo il Robin Hood per compiacere La Repubblica e gli altri compari dell'opposizione.
Veniamo alle note dolenti. Ernesto Galli della Loggia, editorialista del "Corriere della sera", dice che le sue carceri sono bestiali, sovraffollate, incivili, condite di topi e di dolore. Carceri senza agenti, da dove si può comodamente evadere...
Apprezzo molto Galli della Loggia quando parla nei suoi pregiati articoli. È lampante invece che quando si tratta di carceri non sa, poveretto, di cosa parla. È vero: istituti come San Vittore o l'Ucciardone sono obsoleti e disagevoli, ma anche monumenti nazionali. Saranno al più presto restituiti alle loro città. Alghero invece è un penitenziario moderno: laboratori, spazi, giardini. Resta che abbiamo promesso alla gente rigore e certezza della pena. Gliela daremo. Se poi parliamo di indulto, quello in Italia è fisiologico da sempre. Su 170 mila condannati, solo 56 mila stanno in carcere.
Peccato che di questi 56 mila almeno il 30 per cento sia in attesa di giudizio. Inoltre, da conoscitore di carceri, non pensa a pene alternative? Non crede che così come sono i penitenziari rimangano fabbriche di disperati?
Gli italiani sulle pene alternative sono tutti santi sulla carta. Poi davanti all'assassinio della bambina a Rozzano chiedono sette ergastoli. E subito. La giustizia va allontanata dalle emozioni. Ma insieme alla giusta pena vedo la dignità di chi la vive. Dunque la soluzione è una: carceri nuovi ed efficienti. Il nostro programma ne prevede 12, da costruire con la formula inedita del leasing. Vede, molti parlano, io prendo la valigina e vado. A New York ho visitato un carcere privato. È un grattacielo a pochi metri da Ground zero, dove porte e ascensori sono gestiti da due sole persone. Quando le carceri funzionano, gli agenti superspecializzati possono essere pochi.
Lei si è opposto alla grazia per Adriano Sofri. Ha detto: l'establishment la chiede perché gran parte di quei signori arriva dalla sinistra estrema. Vittorio Feltri, Stefano Folli, Silvio Berlusconi e Carlo Azeglio Ciampi, "dichiarati" più di una volta favorevoli, erano e sono forse estremisti di sinistra? Insomma, ministro, la darà o no questa grazia?
Faccio il ministro della Giustizia. E la giustizia ha dichiarato Sofri colpevole per ben tre volte. Mi riferisco a quello che ho già detto. È cioè che è stato duro oppormi alla grazia. Lui può sembrare un uomo speciale. Ma ci sono in carcere altri 8.317 detenuti accusati di omicidio. Quanti di loro sono stati detenuti modello? Quanti sono oggi uomini speciali? Perché dimenticarli? Perché solo Sofri fine intellettuale e non il meccanico calabrese per il quale gli amici non si batteranno mai? Rinnovo e ricordo la mia proposta: una sorta di pacificazione che chiuderà l'epoca per gli attori di stagioni cruente. Anche per Sofri e per Ovidio Bompressi. Ma non solo per loro.
Ministro, cosa c'è per lei oltre al ministero?
Nulla (ride). No, non è vero: c'è Sara, la mia nuova compagna nella vita e nella politica. Ci sono prima di tutto i figli, Gabriele e Giacomo. E anche le arrampicate in montagna.
Che cosa vede in cima alla sua vetta?
L'Italia federale. E una giustizia giusta. Ci sono anche i valori che un fine intellettuale considererà addirittura imbarazzanti: la parola data, il valore dell'amicizia, il rispetto per il proprio paese, per l'onestà e per la democrazia.
Umberto Bossi è molto democratico?
E imparziale. Vuole una prova? Gli acuti dei suoi "cazziatoni" non cambiano. Dal ministro della Giustizia fino all'ultimo militante della Lega. Io ne so qualcosa.
Ma anche di lei si dice che abbia un cattivo carattere.
Quello non lo so. So solo che non dimentico i veri sgarbi.
Dimenticheranno i giudici dei tribunali dei minorenni la rivoluzione progettata da lei, che li vede sostituiti in tronco dai tribunali ordinari?
Non credo. So già che sono arrabbiatissimi. Comprensibile: nelle riforme si rompono sempre equilibri consolidati. C'è sempre qualcuno che guadagna e altri che perdono. E io voglio che l'Italia perda e spezzi quello che è ormai diventato un rito perverso annidato nei tribunali dei minorenni, gestito dagli assistenti sociali e da giudici onorari che credono di poter continuare a strappare i figli alle famiglie. Quanti sono i casi di bambini mai restituiti a genitori dichiarati più volte innocenti? Saranno arrabbiati, i giudici. Ma al di là delle solite giaculatorie su queste tragedie non hanno mai ribattuto con una sola sillaba.
Lei con i giudici non ha proprio mai avuto un feeling trascinante...
Di quali giudici parla, scusi?
Di coloro ai quali ha fatto ispezioni, di quelli a cui ha sospeso le rogatorie, di tutti i magistrati con i quali ha guerreggiato, lo ammetterà, per ragioni politiche. Vogliamo parlare di Edmondo Bruti Liberati, Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, Francesco Saverio Borrelli e Gerardo D'Ambrosio?
Mi pare inutile ripercorrere certi momenti difficili. Sono mitridatizzato contro le solite cantilene di moda. I fatti sono sempre diversi, almeno nello specifico. Ho mandato ispettori al tribunale di Milano perché la legge impone ispezioni triennali che mancavano da quella sede dal 1996. Ho ordinato un'inchiesta amministrativa a Milano su un esposto che riguarda la nota vicenda giudiziaria Sme. Aspetto ancora gli esiti dell'inchiesta, vedremo. Certo, visti i nomi coinvolti capisco il valore politico del gesto. Ma indipendentemente da quali saranno le mie decisioni, tutto avverrà nella trasparenza e nel rispetto della legge.
Come risponde a chi l'accusa di aver fatto leggi per Berlusconi?
Che quando si fanno delle leggi si prevede che siano in favore di qualcuno o di qualcun altro. Sfido chiunque a trovare una legge fatta da me su misura per chiunque. Capisco che pare l'editto di Biancaneve nel mondo di Dracula, ma rivendico una qualità certa: l'onestà.
Un quadretto di fiori e rose: ministro, il presidente dei magistrati Bruti Liberati non è molto d'accordo.
Bruti Liberati si è scontrato con me, non io con lui. È stato quando mi ha detto che mi avrebbe impedito di interferire nelle attività giurisdizionali. Gli ho subito chiesto come pensava di farlo: con un avviso di garanzia, un processo o un'indagine? Aspetto ancora la risposta. Con Ilda Boccassini e Gherardo Colombo c'è stata una disparità di vedute, circoscritta in un ambito istituzionale. Per quanto riguarda la procura di Milano, non ho avuto scontri con i nuovi responsabili. Anzi ritengo l'attuale procuratore generale Mario Blandini l'esempio ideale del vero magistrato. Anche se spero che la stima del ministro non gli sia fatale con i suoi colleghi.
Il momento più brutto: quando l'hanno obbligata a sbloccare le rogatorie sull'inchiesta Mediaset. È vero che superata la mozione di sfiducia ha pianto?
Non ho pianto quel giorno in aula. Ho solo mollato la tensione alla fine, questo sì. Del resto piango davanti ai film d'amore. E sono contagioso in merito. Ero consigliere comunale e sposavo due cari amici, a piangere non pensava nessuno. Dico le frasi di rito e comincio col magone: beh, dopo un po' sembravamo a un funerale.
Castelli, che cosa ha provato quando in merito alle rogatorie perfino Gianfranco Fini ha detto che lei non era un fine giurista?
Ho pensato che mi interessava solo essere un fine politico.
Quando Castelli è stato eletto ministro, la Lega ha detto: meglio un ingegnere che un politico. Oggi direbbero la stessa cosa?
Certo che sì. E se qualcuno avesse ancora da ridire, gli ricorderei l'articolo 110 della Costituzione. "Spettano al ministro della Giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia". Dunque Castelli Roberto dovrebbe essere l'organizzatore della macchina giustizia. Un'azienda che gestisce 110 mila addetti per un fatturato di 6 miliardi di euro all'anno. Il carrozzone della giustizia perde colpi proprio perché mancano i manager.
E se Castelli Roberto dovesse avere un modello chi sarebbe, Bossi?
Bossi è così coraggioso politicamente da incutermi soggezione. Gli devo tutto. Ma non ho la presunzione di essere un politico che lascia il segno come lui. Sono solo un uomo, un tecnico che deve svolgere al meglio il suo compito. Fino alla fine. Posso dire invece che il mio modello ideale di ministro dovrebbe essere al 40 per cento manager, al 20 per cento giurista e per il rimanente 40 politico. Ma un ministro così non è mai esistito. Bisognerà che mi decida a prendere una laurea in legge. Oppure mi vedrò costretto a chiedere consulenza a Fassino.