OGGETTO: visita Provveditore - casa circondariale Cagliari UTA.

Siamo venuti a conoscenza che di recente, nelle ore serali, Lei ha fatto visita nell’istituto di Cagliari e questo, in prima battuta, ci ha fatto dire: “vuoi vedere che finalmente i vertici dell’amministrazione hanno deciso di andare a verificare le reali condizioni di lavoro della Polizia penitenziaria?” Un illusione durata lo spazio del racconto di ciò che è avvenuto per rimanere, invece, sbalorditi, perché in realtà la Sua non era una visita, ma un atto di cortesia nei confronti di un dirigente che Lei ha inteso ospitare presso la caserma dell’istituto (chissà se il relativo costo è stato poi pagato così come si pretende dal restante personale?!).

L’aspetto paradossale ed esilarante della vicenda è che nella circostanza, gli inadeguati interventi denunciati più volte dalla UIL si sono trasformati in un boomerang nei confronti di chi, quegli stessi interventi non li ha realizzati, poiché ha potuto rendersi conto personalmente di come si lavora all’interno del carcere e quali siano i livelli di insicurezza che caratterizzano il servizio.

Ciò che ha impressionato in negativo, però, è che Lei pare non si sia assolutamente preoccupato di ciò ma piuttosto si sarebbe risentito, in maniera “colorita”, nei confronti di un assistente capo, un uomo con oltre 30 anni di onorato servizio e più di 50 anni di età, padre di famiglia, la cui unica colpa era quella di coprire, da solo, contemporaneamente 2 posti di servizio, distanti uno dall’altro. Ricorda quante volte la UIL ha denunciato questo stato di cose?

E nell’occasione Lei cosa fa? invece di essere comprensivo rimprovera il collega perché non l’ha riconosciuta e poi lo riprende perché ha avuto l’ardire di farla aspettare.

Con tutto il rispetto per la Sua figura Lei non può pensare di essere tanto “famoso” da essere riconosciuto anche da chi non ha mai avuto il piacere di conoscerla, sarebbe forse opportuno che in certi posti di servizio, accanto alla fotografia del Presidente della Repubblica si appenda anche quella del Provveditore, magari anche di tutti i vertici dell’amministrazione, così ognuno avrà ben impressa l’immagine di chi gli garantisce “confortevoli” e “comode” condizioni di lavoro e quando li incontra sarà anche in grado di riconoscerli.

A questo punto però, a pensarci bene, abbiamo il dubbio che le ragioni per cui i suoi riscontri hanno sempre sottovalutato le denunce della UIL, siano da ricondurre non già ad una strategia comunicativa ma ad una reale convinzione che le condizioni di lavoro della Polizia penitenziaria devono essere quelle.

Essendo noi ingenui creduloni, vogliamo però sforzarci di trovare degli aspetti positivi nel Suo comportamento e ci piace pensare che quando ha rimproverato l’assistente capo in realtà era consapevole che quei richiami erano diretti a chi gestisce l’istituto e a chi, come Lei, deve esercitare le dovute attività di verifica e di controllo.

E’ giusto il caso di ricordarle che con la Sua inopportuna ingerenza Lei ha disposto al Direttore di riconvocare le OO.SS. per ...."una maggior condivisione del nuovo protocollo d’intesa locale..." di quel protocollo che prevedeva il contributo maggiore dei posti fissi proprio per evitare o limitare situazioni simili a quella che ha trovato e cioè, una unità che fa servizio al block house, che deve perquisire i semiliberi e accompagnarli nella relativa sezione e che deve controllare gli automezzi.

E quella sera, già che c’era, se avesse avuto l’accortezza di farsi un giro all’interno del carcere avrebbe anche scoperto che molti posti di servizio non erano presidiati da nessuno e che il turno era al di sotto dei livelli minimi di sicurezza, mettendo a pregiudizio così l’incolumità di coloro che devono comunque garantire il turno. Tre sezioni contenenti ciascuna circa 130 detenuti presidiate da un solo agente che funge da “pattuglia” (viene da sorridere a scriverlo) e un altro che garantisce servizio in quel box sul piano da dove deve comandare l’apertura e la chiusura delle “camere” i cui meccanismi in molti casi non funzionano, costringendo così la “pattuglia” a fare la trottola tra una sezione e l’altra per provvedere manualmente all’apertura/chiusura delle “stanze di pernottamento”. Cambiano le denominazioni ma la musica purtroppo è sempre la stessa.

Ecco siamo convinti che se Lei avesse preso in seria considerazione le denunce della UIL quella sera avrebbe dovuto stringere la mano a quel collega e, magari, sentire il dovere di lasciare una delle unità di “scorta” a supporto dello stesso.

Altro che le visite istituzionali annunciate, come la Sua ultima, dove tutti i posti di servizio dell'Istituto erano stati integrati dai colleghi provenienti da posti fissi, giusto per evitare situazioni come quelle dell’altra sera e dare la sensazione che tutto vada per il meglio.

La speranza ora è che questo episodio possa essere l’occasione per una riflessione e il preludio per il rilancio delle relazioni sindacali, per sbloccare quella commissione arbitrale regionale che non viene convocata da mesi e per dare finalmente il via al rispetto degli accordi sottoscritti dalle diverse Direzioni.

Quando un sistema è in difficoltà, come lo è quello penitenziario attualmente, sarebbe forse opportuno ripristinare quei valori umani utili a determinare quel senso di appartenenza e quello spirito di corpo che consentono al personale di gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Noi dal canto nostro, come UIL, facciamo il nostro dovere perseguendo principi di equità, trasparenza, etica e morale, anche quando queste scelte sembrano essere apparentemente controproducenti, adesso però ci aspettiamo che anche l’amministrazione a tutti i livelli cambi passo e si renda conto che senza una Polizia penitenziaria motivata e soddisfatta non ci sono progetti che tengono.

Un’azione che segni il passo del cambiamento sarebbe senza dubbio quella che l’assistente capo interessato possa ottenere, anche in forma privata e riservata, una spiegazione e magari anche le scuse dell’amministrazione. Un errore nella vita può capitare a chiunque e dona sempre l’opportunità di dimostrare che da essi si può uscire come una persona migliore.

In attesa di urgentissimo riscontro, si porgono cordiali saluti.