TGCOM - Disordini nel carcere di Bari - intervista alla UILPA PP - Riservato

TGCOM - Disordini nel carcere di Bari - intervista alla UILPA PP - Riservato - 17 agosto 2024
Archivio attuale e storico di articoli di quotidiani, settimanili e giornali vari, in cui è citata la UILPA Penitenziari
TGCOM - Disordini nel carcere di Bari - intervista alla UILPA PP - Riservato - 17 agosto 2024
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Da: il Giornale - Il sindacato della polizia penitenziaria dopo l'ultima rivolta a Bari: "Un collega si è offerto come ostaggio"
Sovraffollamento, certo. Ma è la violenza l'altro grande tema da affrontare e risolvere nelle carceri italiane. Due sere fa la rivolta nel carcere di Bari: un agente della penitenziaria preso a testate, un infermiere sequestrato. Nelle stesse ore e poi ieri mattina un bis a Regina Coeli, a Roma. Il tutto a coronare un'estate segnata da rivolte, incidenti e proteste. «L'infermiere barese», rivela al Giornale il segretario regionale pugliese, e responsabile nazionale del Sappe, Federico Pilagatti, «è stato fatto uscire dal reparto solo grazie al coraggio di un collega, un sovrintendente che si è offerto per uno scambio di ostaggi'». Eppure a innescare tutto è stata una minoranza. «A Bari solo quattro detenuti hanno provocato i disordini», racconta al Giornale Gennarino De Fazio, segretario nazionale di Uilpa penitenziaria. «Ma a differenza di quanto dichiarano all'Ansa fonti squalificate, rigorosamente anonime, del carcere prosegue De Fazio - questo non ridimensiona la questione, anzi: vuol dire che bastano 4 detenuti a mettere a soqquadro non solo il carcere ma tutta la regione». Ancora De Fazio racconta del lancio di bombolette di gas da campeggio, incendiate, contro gli agenti, due sere fa a Regina Coeli, nella capitale. Per poi concedere il bis, ieri, «con i detenuti armati di bastoni e armati di armi rudimentali nuovamente in rivolta», anche se per fortuna «dopo due ore di trattative è tutto rientrato». «Paghiamo il prezzo del sovraffollamento, il dazio per essere in forte sotto organico», sospira il sindacalista Uilpa, puntando il dito contro la «disorganizzazione complessiva dell'amministrazione penitenziaria».
Ma il segnale arrivato da Bari allarma come detto anche Pilagatti, che pone l'enfasi sul problema della violenza nelle carceri che, a suo dire «in questo momento sono ormai in mano ai detenuti, tanto è vero che in qualsiasi carcere d'Italia e a qualsiasi ora, basta che 2, 3 o 4 detenuti facciano un po' di casino per mandare la struttura in crisi, come è successo a Bari due sere fa». «L'altra sera spiega - a Bari c'erano 14 persone al lavoro in tutto, quindi non più di 7-8 agenti all'interno delle sezioni detentive, a fronte di quattrocento detenuti. Così è ovvio che bastano due detenuti a scatenare il caos». Pilagatti racconta come casi simili siano quasi all'ordine del giorno: «I detenuti coinvolti avevano già una serie di precedenti per aver creato disordini e disagi in altri penitenziari, sempre in Puglia. Uno, a Foggia, aveva mandato un altro agente in ospedale, un altro, proveniente da Lecce o da Taranto, idem. Un terzo, il boss del gruppo, è un detenuto con problemi psichiatrici, e in virtù di questo aveva mandato negli ultimi 45 giorni tre poliziotti penitenziari in ospedale, sempre a Bari, senza nemmeno beccarsi nemmeno un procedimento disciplinare, ma anzi vedendosi assegnare un programma di ergoterapia». Insomma, una situazione complicata e di costante tensione.
«Basterebbe applicare le leggi che ci sono come deterrente, dall'arresto in flagranza al carcere duro previsto dal 14 bis, oltre a trasferire fuori regione i violenti recidivi in sezioni apposite», sospira Pilagatti, che conclude: «Ma i quattro dell'altra sera sono finiti tutti in sezioni ordinarie e nella stessa regione».
Leggi qui l'articolo - Contro l’emergenza il ministro ipotizza la scarcerazione per chi è in custodia cautelare o deve scontare 12 o 18 mesi di pena residua. Santalucia (Anm): “Tempi lunghissimi, il sovraffollamento non si risolve così”. L’ex direttore di Rebibbia: “Iniziativa senza senso”.
Scetticismo, timori concreti per possibili conseguenze deleterie. Diffusi tra toghe, agenti penitenziari, direttori di carceri, politici di sinistra. L’ipotesi del ministro Carlo Nordio per affrontare suicidi e sovraffollamento delle carceri è di mandare chi si trova in custodia cautelare, 16mila persone, o deve scontare ancora 18 mesi o un anno, nelle dimore sociali o nelle cooperative autorizzate da via Arenula - che però è ancora ai bandi di gara - ad ospitare detenuti senza domicilio. La certezza degli addetti ai lavori è che una idea del genere non risolva comunque “adesso” l’emergenza che squassa l’Italia dei detenuti, da Torino a Bari. Con proteste ancora ieri a Regina Coeli dopo quelle di Rebibbia. E i 66 suicidi.
Con Repubblica magistrati, agenti e direttori di carceri, politici di sinistra bocciano Nordio. Come Debora Serracchiani, la responsabile Giustizia del Pd: «Lui non ha proprio idea di come funzionano le carceri. Dovrebbe ascoltare di più la magistratura di sorveglianza e parlare con chi lavora nelle prigioni. Da lui arrivano le solite chiacchiere a casaccio. Nessuna iniziativa concreta, solo proposte destinate a non sortire alcun risultato, perché in realtà brancola nel buio». La proposta Nordio ha il via libera di Forza Italia. Il vicepresidente della commissione Giustizia della Camera Pietro Pittalis, favorevole alla liberazione anticipata di Roberto Giachetti, dice che «queste misure possono contribuire a limitare il sovraffollamento e vanno nella direzione che abbiamo indicato».
Alla bocciatura politica segue quella tecnica. A partire dal presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, tranchant sull’ipotesi Nordio: «Ammesso che si riesca a farla, i tempi sono talmente lunghi da non poter rispondere all’esigenza drammatica del sovraffollamento carcerario». Qui è il punto. Chi conosce le carceri mette sul tavolo i dubbi. Carmelo Cantone, l’ex direttore di Rebibbia, parla di «un’iniziativa che non può assolutamente stare in piedi per i casi di custodia cautelare che presuppone una stretta vigilanza non garantita in simili strutture». Non basta, perché Cantone dubita dell’efficacia anche per le pene residue: «C’è sempre il problema dell’articolo 4bis che esclude molti reati, dal piccolo spaccio alle rapine. Per creare spazi nelle carceri bisognerebbe introdurli. Anche se il 4bis è sempre stato vissuto come un totem intoccabile».
Dunque, un ulteriore ostacolo. Che si aggiungersi a quelli del segretario generale della Uilpa Gennarino De Fazio: «C’è un evidente tentativo di privatizzare l’esecuzione penale. Con due conseguenze negative. La prima, meno soldi per le carceri e per le misure alternative, la seconda l’inefficacia per il rischio di fughe e la reiterazione dei reati». Un ex giudice di sorveglianza come Riccardo De Vito insiste su questo: «L’ex ministra Cartabia aveva previsto le dimore sociali per chi fosse in regola per la risocializzazione e non avesse né casa né altre risorse, ma per tutto ciò serve la mano pubblica perché il rischio è di muoversi silenziosamente verso la privatizzazione delle carceri». Un esperimento «su cui misurarsi solo nel medio-lungo periodo» ma che, come dice l’ex Garante dei detenuti Mauro Palma, «non ha alcuna potenzialità rispetto all’immediata e all’attuale emergenza» e richiede «il mantenimento della responsabilità pubblica sull’esecuzione penale, cioè il controllo costanze della magistratura di sorveglianza e dei Garanti».
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