Radio 24 - Emergenza carceri - ascolta l'intervento della UILPA Polizia Penitenziaria
Radio 24 - Emergenza carceri - con l'intervento della UILPA Polizia Penitenziaria.
Ascolta, tra gli altri, l'intervista al Segretario Generale Gennarino De Fazio.
Archivio attuale e storico di articoli di quotidiani, settimanili e giornali vari, in cui è citata la UILPA Penitenziari
Radio 24 - Emergenza carceri - con l'intervento della UILPA Polizia Penitenziaria.
Ascolta, tra gli altri, l'intervista al Segretario Generale Gennarino De Fazio.
Dopo la notizia sulla struttura vuota usata come rifugio per i randagi, la penitenziaria ha avviato un’indagine interna. Le immagini di sorveglianza usate contro una dipendente. Le accuse poi archiviate.
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C’è un carcere vuoto, diventato un canile, dove il personale si preoccupa di curare gli amici a quattro zampe in assenza di detenuti. È quanto accaduto nell’istituto di pena costruito all’interno del centro per migranti di Gjader, in Albania. E di questo fallimento Domani si è già occupato rivelando l’arrivo degli animali nella struttura deserta a causa del piano di deportazione bloccato dalle sentenze del tribunale sui richiedenti asilo trasferiti lì dopo il soccorso in mare.
Ora emerge anche altro. Nei giorni successivi alla pubblicazione della notizia del carcerecanile, i vertici della penitenziaria di quell’istituto si sono messi a spulciare le immagini del sistema di videosorveglianza. Ma soprattutto hanno visionato a fini disciplinari i fotogrammi con le inquadrature dello schermo dello smartphone personale di una dipendente. La notizia, che Domani può rivelare, emerge dal carteggio tra il sindacato Uilpa e il ministero della Giustizia, che aveva come oggetto proprio l’impianto di videosorveglianza, ma partiamo dalla richiesta del sindacalista Gennarino De Fazio.
Il segreto sul regolamento
A metà febbraio, il segretario del sindacato degli agenti aveva chiesto copia del regolamento per la disciplina del sistema di video-sorveglianza del carcere albanese, la data di emanazione e «copia del provvedimento con cui sono stati nominati il responsabile e gli incaricati del trattamento, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia». Lo aveva fatto utilizzando lo strumento dell’accesso civico che consente anche a privati cittadini di chiedere atti e documenti alla pubblica amministrazione.
Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, però, ha respinto la richiesta con questa formula: «Documenti inaccessibili per motivi attinenti alla sicurezza, alla difesa nazionale ed alle relazioni internazionali».
Il dipartimento ha eccepito la segretezza citando il decreto 115 del 1996 che disciplina i documenti del ministero sottratti al diritto di accesso, una disciplina applicabile anche all’accesso civico generalizzato (il cosiddetto Foia) secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e la direttrice del carcere di Gjader, Silvana Salani. Nei mesi scorsi il dirigente del nucleo di polizia penitenziaria del carcere albanese era Riccardo Secci, ora è tornato in Italia.
Dopo il primo diniego, il sindacalista ha fatto ricorso al responsabile anticorruzione del ministero della Giustizia, Giuseppe Fichera, ma
l’esito è stato lo stesso. «In sostanza, anche dopo l’entrata in vigore delle norme sull’accesso civico generalizzato permane un settore “a limitata accessibilità” se è vero che è consentito a chiunque di conoscere ogni tipo di documento o di dato detenuto dalla pubblica amministrazione, nello stesso tempo, qualora la tipologia di dato o di documento non può essere resa nota per il pericolo che ne provocherebbe la conoscenza indiscriminata, l’ostensione di quel dato e documento può essere consentita solo in favore di una ristretta cerchia di interessati», si legge nella seconda bocciatura.
Proprio nel ricorso, poi respinto, il segretario della Uil scrive in un passaggio: «Si è avuta contezza che in almeno un caso il Dirigente del Nucleo di Polizia penitenziaria di stanza presso la struttura penitenziaria Gjadër è stato autorizzato dal Direttore ad accedere alle immagini videoregistrate dal sistema di videosorveglianza e, il medesimo, ha visionato, estratto e utilizzato a fini disciplinari anche fotogrammi riprendenti lo schermo dello smartphone personale di una dipendente». In pratica è stato aperto un procedimento disciplinare, nelle cui pieghe c’è stata la visione e monitoraggio della schermata del cellulare di una poliziotta penitenziaria.
I fotogrammi contestati
La cronologia degli eventi è chiara: gli accertamenti arrivano dopo le prime rivelazioni sul carcere trasformato in canile. Per scoprire la talpa sono state visionate le immagini riprese dall’impianto di videosorveglianza.
Gli allora vertici dell’istituto penitenziario albanese spiegano a Domani che non possono parlare con i giornalisti, ma che, in questi giorni, è stata «vomitata cattiveria: fatevi qualche scrupolo». Ma è vero o no che sono stati visionati i fotogrammi riprendenti lo
schermo dello smartphone personale di una dipendente? «No, l’utilizzo delle telecamere è solo per ragioni di sicurezza, non c’è altro uso».
Così abbiamo chiesto una conferma a De Fazio, visto che è stato il sindacalista a riportare quel passaggio nel suo ricorso. «Io non so riferire le ragioni della visione di quei fotogrammi, anche perché non vogliono farmi leggere il regolamento della videosorveglianza, ma posso confermare senza tema di smentita che i fotogrammi, anche riprendenti lo smartphone personale, sono stati utilizzati in un procedimento disciplinare che peraltro il Dap, in maniera molto corretta e lineare, ha archiviato».
In pratica il carcere è inutilizzato, per qualche tempo è diventato un canile, il fallimento è evidente, ma il ministero si preoccupa di capire da dove arrivano le notizie secretando regolamento e responsabili dell’impianto di videosorveglianza.
Sull’Albania, oltre al fallimento, lo spreco di denaro, è calato anche il sipario sulla trasparenza.
Il regolamento che norma il sistema di sorveglianza del carcere albanese è inaccessibile. Così ha deciso il ministero della Giustizia, rispondendo ai sindacalisti della Uilpa!
Si tratta del carcere dove dovrebbero transitare i migranti responsabili di eventuali reati commessi nei Cpr costruiti in quel territorio, una struttura vuota che, come ha raccontato Domani, nel recente passato si era trasformata in un accogliente canile. Ora possiamo rivelare la nuova puntata di questa saga fatta di sprechi, inefficienza e assenza totale di trasparenza. Ma su cosa il ministero ha opposto motivi di sicurezza per evitare la trasmissione di documenti? Sulla domanda formulata da Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa, che aveva semplicemente chiesto copia del regolamento per la disciplina del sistema di video-sorveglianza della struttura penitenziaria, la data di emanazione, ma anche «copia del provvedimento con cui sono stati nominati il responsabile e gli incaricati del trattamento, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia».
Richieste che sembravano consuetudinarie e dovute, ma che, invece, sono diventate inaccessibili e segrete. «Si tratta di un ulteriore restringimento degli spazi democratici e anche del principio di trasparenza, ci chiediamo cosa ci sia di così segreto nelle immagini e negli eventuali audio che vengono registrati. Considerando che in quella struttura sono andati e andranno anche deputati e senatori della Repubblica, veramente non è possibile sapere come vengano usate quelle immagini? Di certo il precedente responsabile della polizia penitenziaria di quel carcere ne ha avuto accesso», dice De Fazio.
L’amministrazione ha eccepito la segretezza citando il decreto 115 del 1996 che disciplina i documenti del ministero sottratti al diritto di accesso, una disciplina applicabile anche all’accesso civico generalizzato (il cosiddetto Foia) secondo il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e la direttrice del carcere di Gjader, Silvana Salani.
Il diniego è così stato disposto «in relazione alla esigenza di salvaguardare la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali». Si legge ancora nel rigetto dell’istanza che «sono sottratti all'accesso i programmi per la collaborazione internazionale in materia penitenziaria e di giustizia quando la loro conoscenza comporti un pregiudizio concreto ed effettivo alla tutela degli interessi suindicati».
Dopo la bocciatura, c’è stata la richiesta di riesame avanzata dal sindacato: che è stata respinta dal responsabile anticorruzione del ministero, Giuseppe Fichera. Il pronunciamento prende in esame la disciplina che norma la divulgazione degli atti facendo riferimento alle sentenze dei giudici amministrativi. «In sostanza, anche dopo l’entrata in vigore delle norme sull’accesso civico generalizzato permane un settore “a limitata accessibilità” se è vero che è consentito a chiunque di conoscere ogni tipo di documento o di dato detenuto dalla pubblica amministrazione, nello stesso tempo, qualora la tipologia di dato o di documento non può essere resa nota per il pericolo che ne provocherebbe la conoscenza indiscriminata, l’ostensione di quel dato e documento può essere consentita solo in favore di una ristretta cerchia di interessati», si legge.
Fichera conclude ritenendo legittimo «il diniego opposto dall’amministrazione alla richiesta di accesso civico».
In pratica resta inaccessibile la documentazione relativa perfino alla data di entrata in vigore del sistema di videosorveglianza così come l’atto di nomina dei responsabili. «Si tratta di una decisione incredibile e inaccettabile che arriva in un periodo nel quale il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non ha un capo, altro vulnus che racconta l’attenzione nei confronti del mondo carcerario e della polizia penitenziaria», dice De Fazio.
Da quattro mesi, infatti, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è senza un vertice, la ragione è stata svelata da questo giornale. Il nome della prescelta, Lina Di Domenico, ora facente funzioni, è stato prima fatto circolare alla stampa e poi è arrivato al Quirinale provocando lo stupore del Colle. Una sgrammaticatura che ha generato lo stallo.
«Bisogna rimediare quanto prima, leggo sui giornali nomi di magistrati che non hanno i requisiti per ricoprire quell’incarico, c’è una diffusa disattenzione non solo delle forze di maggioranza, ma anche di opposizione. In questo momento l’assenza provoca ritardi anche nelle riunioni della commissione che si occupa della progressione delle carriere. Commissione che dovrebbe presiedere la numero due del corpo che, però, da settimane è impegnata nel doppio ruolo anche di capo facente funzioni. Un caos inaccettabile», conclude De Fazio. Dopo il doppio diniego il sindacato valuta nuove iniziative, tra queste il ricorso al tribunale amministrativo.
Nello Trocchia - Il Domani 8 aprile 2025
albania_trasparenza_zero__segreto_di_stato_sui_video_e_sugli_audio_del_carcere.pdf
DICHIARAZIONE DEL RESPONSABILE DEL COMPARTO DIFESA E SICUREZZA DELLA UIL, BENEDETTO ATTILI
"È positiva la nuova tutela legale per le forze dell’ordine e la previsione delle bodycam nei servizi operativi, ma sono necessarie più risorse per garantire la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto e, di conseguenza, della cittadinanza tutta”.
Lo ha dichiarato il responsabile del comparto difesa e sicurezza della Uil, Benedetto Attili.
“Il ddl Sicurezza, arenatosi da oltre un anno in Parlamento, cambia veste e diventa decreto- legge. È dunque evidente l’irritualità delle procedure adottate. Va sottolineato, però – ha precisato Attili - che il nuovo testo recepisce alcuni punti su cui il Quirinale aveva esposto dei rilievi”.
“Giudichiamo positivamente, infatti, sia la previsione di dotare le Forze di polizia di dispositivi di videosorveglianza indossabili (bodycam) sia la specifica tutela legale a favore del personale del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico. Tuttavia – ha aggiunto Attili - per quanto è sacrosanto che lo Stato si faccia carico delle spese legali, il massimale previsto di diecimila euro per ogni fase del procedimento è esiguo e deve essere incrementato”.
“Si tratta di passi avanti importanti, che la nostra organizzazione sta sollecitando da tempo, soprattutto per evitare il verificarsi di episodi violenti, come quelli di venerdì scorso a Roma quando due agenti feriti sono stati portati in ospedale. La sicurezza degli operatori delle forze dell’ordine – ha concluso Attili - necessita di maggiori risorse, che non sono da considerare come una spesa, ma come un investimento a beneficio di tutta la cittadinanza”.
Roma, 7 aprile 2025
Comunicato stampa del 4 aprile 2025 - Carceri: Difronte alle minacce le istituzioni si uniscano, solidarietà a Delmastro
Roma, 04 Apr. – “Davanti alle minacce di detenuti appartenenti alla criminalità organizzata, indipendentemente dalle diversità di vedute sulle questioni, tantissime, che investono la gravissima crisi penitenziaria e l’insieme del sistema giustizia, auspichiamo che le istituzioni democratiche e la politica reagiscano in modo unanime per respingerle, sostenendo il Ministero della Giustizia e il Corpo di polizia penitenziaria. Dal canto nostro, esprimiamo incondizionata solidarietà al Sottosegretario Andrea Delmastro delle Vedove, oggetto delle ‘attenzioni’ di un detenuto ritenuto appartenente al clan Ascione-Papale, cui aggiungo la mia vicinanza personale”.
Lo dichiara Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria.
“Senza tema di smentita, siamo fra le voci più critiche sulla gestione delle carceri, è di ieri il 26esimo suicidio nel 2025 di un detenuto, pare collaboratore di giustizia, presso la Casa Circondariale di Napoli Secondigliano, cui bisogna aggiungere un operatore, mentre è quotidiana la ‘tortura di Stato’ cui sono sottoposti gli agenti, con carichi di lavoro inenarrabili e turnazioni massacranti con la negazione, persino, di diritti di rango costituzionale. Ma le minacce mafiose sono altra cosa e la storia del nostro Paese insegna che l’isolamento produce spesso effetti tragici e irrecuperabili. Di Delmastro, peraltro, al di là da come la si pensi e dalla talvolta siderale distanza di vedute, abbiamo e ho personalmente potuto apprezzare coerenza, trasparenza e lealtà non comuni che gli hanno sempre consentito di essere aperto e disponibile al confronto, non sempre a cambiare idea (ma qualche volta si), ma questo è altro tema”, conclude De Fazio.