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Comunciato stampa - ROMA 06/03/2020. Le principali misure per impedire il contagio da COVID-19 nelle carceri, che prevedono l’effettuazione dei colloqui a distanza (via Skype) dei detenuti con i rispettivi congiunti, e contenute del decreto-legge n. 9/2020, sono circoscritte alle regioni in cui insistono le cosiddette zone rosse o, comunque, ad esse collegate. Considerato però il propagarsi dell’epidemia anche al di fuori di quei territori, con casi ormai in tutta Italia, che ha peraltro indotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri a disporre la sospensione delle attività didattiche nelle scuole di tutto il Paese, riteniamo che esse vadano rafforzate ed estese.

A parlare è Gennarino De Fazio, per la UILPA Polizia Penitenziaria nazionale, che spiega: la situazione emergenziale degli istituti penitenziari del Paese risale a ben prima del manifestarsi del nuovo coronavirus, perdurando da molti anni, e si caratterizza principalmente per sovrappopolamento delle strutture, inadeguata manutenzione e, non di rado, fatiscenza degli edifici, condizioni di pulizia, igiene e, in generale, salubrità insufficienti, promiscuità, etc. A ciò si sommano le ristrettezze economiche e le insufficienze organiche degli operatori, del Corpo di polizia penitenziaria e non solo, e – non ultime – le gravi carenze organizzative e gestionali che possono rinvenirsi, in misura più o meno accentuata, in ogni sede. Tutte contingenze queste, senza peraltro l’illusione di poter essere esaustivi, che certamente non aiutano – a voler essere eufemistici – il contenimento dei rischi di contagio nelle carceri, specie se si considera l’elevatissimo numero di figure che, a vario titolo e diversamente da ciò che si ritiene nell’immaginario collettivo, quotidianamente vi accedono e vi transitano.

Per questo – conclude il leader della UILPA PP – stamani abbiamo indirizzato una nota al Presidente del Consiglio Conte chiedendo il rafforzamento delle misure di prevenzione già adottate e, in particolare, che – in analogia con quanto disposto per le scuole – si prescrivano i colloqui a distanza (a mezzo Skype) fra detenuti e familiari in tutte le carceri del Paese. Ciò, peraltro, se attuato consentirebbe anche ai numerosi detenuti, e ai loro congiunti, delle regioni diverse da quelle in cui insistono i focolai del virus e che stanno autonomamente e per senso di responsabilità rinunciando ai colloqui di poter mantenere i rapporti con le rispettive famiglie.

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