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Nota n. 10.794 - Con riferimento alla nota n. m_dg.GDAP.04/02/2025.0050101.U della S.V., in relazione allo schema di cui in oggetto, si partecipano le seguenti osservazioni.

         In primis, sarebbe opportuno definire già nell’emanando decreto “le competenze del personale del Corpo di polizia penitenziaria impiegato per la conduzione di aeromobili a pilotaggio remoto” (3° comma, art. 3).

         Ciò, sia per dare maggiore pregnanza, organicità, coerenza e strutturazione al decreto stesso sia onde evitare effetti scatola cinese o matrioska che dir si voglia, magari a seconda del contesto storico-politico, con il rischio che alcune parti della materia restino non disciplinate, come peraltro ripetutamente sperimentato in passato (cfr. NIC).

         Inoltre, come già rappresentato in analoghe circostanze, non si condivide affatto la preclusione all’accesso alla specializzazione (sia per i Piloti sia per gli Istruttori) nei confronti di coloro che siano sottoposti a procedimenti penali o che abbiano subito condanne passate in giudicato. Si chiede pertanto l’espunzione della previsione o, in subordine, che vi vengano ammessi con riserva almeno quanti abbiano a loro carico procedimenti ancora sub iudice.

         Ancor di più non si condivide la stessa preclusione nei confronti di quanti abbiano riportato sanzioni disciplinari più gravi della censura nel quinquennio precedente. Le sanzioni conservative, infatti, non infliggono quale misura accessoria l’esclusione dallo svolgere determinati servizi. Tanto più che le sanzioni disciplinari hanno dirette ripercussioni sui rapporti informativi e sui giudizi complessivi e che questi ultimi vengono valutati a parte.

Fa particolarmente specie, peraltro, che eventuali procedimenti penali pendenti o definitivi o addirittura sanzioni disciplinari possano essere ostativi all’impiego in Uffici o, come nel caso di cui si discute, nella conduzione di droni, pur non essendolo per l’impiego nelle carceri, nelle sezioni detentive, a contatto con i detenuti che, giova ricordarlo, rappresenta il servizio “principe” per l’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria e quello al quale vengono adibiti la stragrande maggioranza (in verità sempre meno) dei suoi appartenenti.

Inoltre, sembra oltremodo limitante e incoerente con il possesso dell’idoneità psico-fisica all’impiego, nonché con il periodo minimo di permanenza nella specializzazione (che si intende fissare in 5 anni), il limite d’età a 50 anni, che si richiede di innalzare almeno a 54 anni.

Nell’attesa di conoscere ogni determinazione, distinti saluti.

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