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La UILPA Polizia Penitenziaria è stata audita, nel primo pomeriggio odierno, dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati nell’ambito del percorso parlamentare di conversione in legge del d.l. n. 130/2020, meglio noto come “nuovo decreto sicurezza”.

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Ascolta qui l'intervento del Segretario Generale Gennarino De Fazio

 

 

 

La UILPA Polizia Penitenziaria è stata audita, nel primo pomeriggio odierno, dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati nell’ambito del percorso parlamentare di conversione in legge del d.l. n. 130/2020, meglio noto come “nuovo decreto sicurezza”.

La UILPA PP, per quanto attiene alla parte che più interessa il Corpo di polizia penitenziaria, ha colto in premessa l’occasione per rappresentare che quando si interviene in materia di giustizia penale, nell’accezione più ampia del termine, sarebbe opportuno che lo si facesse a valle di una visione complessiva e, dunque, con provvedimenti organici e strutturati che mirino a conseguire precisi obiettivi anche rispetto alla funzione e alla finalità della pena.

Incedere con provvedimenti parcellizzati, scollegati, qualche volta contraddittori se non addirittura schizofrenici, infatti, non è certamente funzionale ai bisogni del Paese e non agevola gli operatori, primi fra tutti quelli del Corpo di polizia penitenziaria, i quali spesso non hanno certezze in relazione alle modalità di espletamento dei propri compiti.

La UILPA PP ha dunque sollecitato al Parlamento una riforma complessiva del sistema di esecuzione penale con una reingegnerizzazione dell’organizzazione penitenziaria la quale, come sappiamo, mostra carenze ancestrali, cui si uniscono emergenze contingenti, mai affrontate compiutamente.

Nondimeno, ha espresso condivisione e apprezzamento in relazione all’inasprimento delle sanzioni per chi agevoli le comunicazioni con l’esterno di detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis o.p., così come giudichiamo positivamente, e persino tardive, le misure di contrasto all’introduzione e all’utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere.

Tuttavia, per la UILAP PP tutto ciò va urgentemente accompagnato da misure ulteriori, le quali si rendono necessarie per una serie di concause che vanno dal sovraffollamento carcerario all’inadeguatezza degli organici, passando per una certa perdita di prestigio delle Istituzioni e con esse delle Forze dell’Ordine che ne difendono le libertà.

Le carceri continuano, infatti, ad essere sovraffollate, seppur con indici diversi di sovrappopolamento da un periodo all’altro, mentre gli organici del Corpo di polizia penitenziaria sono carenti e inadeguati, secondo stime fatte dallo stesso Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per circa 17.000 unità mancanti.

Da ciò deriva inevitabilmente una forte esposizione della Polizia penitenziaria che, ancor più che tutte le donne e gli uomini in divisa, subisce continue e violente aggressioni a opera di detenuti, quantificabili in due al giorno se ci si limita a conteggiare solo le più gravi.

Allora, così come si è fatto per coloro che partecipano a manifestazioni pubbliche o per tutelare altre categorie (es.: arbitri negli eventi sportivi, operatori sanitari e sociosanitari, etc.), per la UILPAPP è necessario introdurre nell’ordinamento un reato specifico per sanzionare coloro che trovandosi in stato di detenzione aggrediscano la Polizia penitenziaria o, almeno, che si introducano peculiari aggravanti a ipotesi di reato già previste, con innalzamento del minimo edittale per le pene contemplate.

Sempre per le ovvie conseguenze che si ripercuotono sul sistema carcerario, con particolare riferimento al sovraffollamento, è stata altresì evidenziata l’opportunità di introdurre misure ulteriori per fare in modo che i rei stranieri scontino la pena nei rispettivi Paesi di origine.

 

Infine, sulla parte del provvedimento che riguarda il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, la UILPA PP si è detta favorevole a qualsiasi intervento che aumenti le garanzie e la trasparenza di ogni attività dello Stato.

 La stessa legittimazione della pena presuppone un sistema di garanzie assoluto.

“Da qualche tempo, tuttavia, – ha detto il Segretario Generale – notiamo un deficit di garanzie e anche di trasparenza nei confronti dei servitori dello Stato. Tra guardie e ladri, non vorremmo che si pensasse solo alla tutela dei ladri e non anche alla protezione delle guardie”.

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